venerdì 23 ottobre 2015

L’olio in Umbria c’è ed è buono!

Dagli uliveti le voci si sovrappongono ai rumori degli scuotiteli pneumatici.
É tempo di raccolta e le colline olivetate dell'Umbria brulicano di gente, come solo in autunno. Il "genius loci" di questa terra è un olio unico, fruttato e profumato d'erba tagliata, di mandorla, di carciofo, che la Dop ha strappato dalla bassa gamma delle commodity per elevarlo a prodotto di eccellenza, a balsamo salutare, a ingrediente fondamentale nella buona cucina, non solo per reputazione, ma anche per per effetto di una certificazione indipendente che ne attesta, più che il tratto merceologico, lo spiccato e unico profilo sensoriale.

Sono cambiati i tempi, gli strumenti, ma non il fascino della coglitura, del tempo del raccolto, che non sempre ripaga dei sacrifici, ma è quasi un rito pagano, un momento delicato sia per chi fa della produzione dell'olio una impresa, sia per chi produce "per casa", in ossequio ad una sorta di "dovere etico", per cui si consumano ferie, ritorni nelle terre di origine, e "sacrifici" impensabili in mezzo agli oliveti, tra la "guazza" mattutina e i primi rigori d'autunno.

Non si lavora più per ammassare le olive in frantoio, non si compete più per "la resa", cercando di ottenere olio a tutti i costi, ma si anticipa la raccolta per strappare al frutto i migliori profumi, il fruttato più accentuato, il verde più intenso. É la modernità che si affaccia anche nell'ultimo santuario della tradizione, dove per anni le tecniche di raccolta e di lavorazione sono rimaste immutate e tramandate di generazione in generazione e "le olive nere e grasse" cantate da Aldo Palazzeschi erano raccolte persino in mezzo alla terra e all'erba, per non sprecarne neppure una.

Frantoi Aperti, diciotto anni fa ha avviato una piccola rivoluzione. Portare gente nei impianti di produzione, per tanto tempo rimasti luoghi grigi e quasi ostili all'accoglienza. E ciò avveniva mentre un'altra rivoluzione si avviava in olivicoltura. Che ha riguardato parole, pratiche e tecnologie. Nel vocabolario la qualità ha preso il posto della quantità. Nel campo le cassette e gli scuotiteli meccanici hanno sostituito i "cojitui" e le scale.

Nel frantoio l'impianto a ciclo continuo ha soppiantato quello tradizionale. Certo il trapasso non può dirsi compiuto, ma il nuovo si respira ovunque, persino nelle teste dei contadini più cocciuti. Quelli che "il mio olio è mejo del tuo". Paradossalmente dove non hanno potuto agronomi, professori ed esperti del settore, è riuscita la piccola "mosca olearia", che lo scorso anno ha definitivamente fiaccato le ultime resistenze, costringendo questi olivicoltori nostalgici a comprare per la prima volta olio al supermercato.

Anche l'evento Frantoi Aperti nel frattempo è cambiato. Non è più un week end dedicato ad una sorta di "iniziazione" per pochi illuminati intenditori, ma un contenitore di iniziative, rivolto a turisti e "foodies", che per un mese intero offre molteplici chiavi di lettura di questo grande e complesso mondo olivicolo. L'esperienza nel frantoio, si intreccia con eventi culturali, rievocazioni, degustazioni, attività di animazione svolte nelle piazze e nei palazzi storici delle città coinvolte. Dando a tutti, grandi e anche bambini, l'opportunità di avvicinarsi a questo mondo con maggiore consapevolezza. Quest'anno Frantoi Aperti partirà il 31 ottobre per terminare il 29 novembre. Il programma, i Comuni e i frantoi coinvolti sono sul sito www.frantoiaperti.net.

Paolo Morbidoni
Corriere dell'Umbria Venerdì 23 Ottobre 2015

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